Castello Bonoris

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Oggi vorrei portarvi virtualmente con me alla scoperta del Castello Bonoris che si trova a Montichiari, in provincia di Brescia.

Nel X secolo, Berengario I, eletto re d’Italia, consentì che gli abitanti, per proteggersi dalle invasioni, difendessero i loro borghi con delle cinte murarie. Le mura vennero man mano rafforzate con torri, fossati, porte fortificate, camminatoi di ronda, ponti levatoi, assumendo l’aspetto di una rocca.

Con l’avvento del dominio dei conti Longhi, feudatari fin verso la metà del XII secolo, la rocca acquistò un rilievo sempre più difensivo. Con il passare dei secoli e l’introduzione delle armi da fuoco, la rocca perse la sua efficacia difensiva ed iniziò la lenta ma costante rovina.

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Gaetano Bonoris


Nel 1890 Gaetano Bonoris (1861-1923) ricco banchiere e possidente terriero, di origini mantovane, era legato alla corte sabauda dalla quale aveva da poco ottenuto il titolo di conte, sognava da tempo di avere un proprio castello degno di ospitare il re Umberto I° e la regina Margherita. Nello stesso anno, infatti, aveva già avuto quali ospiti i reali d’Italia, nella sua villa residenziale di Montichiari. Il conte individuò nella rocca il luogo ideale per realizzare il suo sogno e nell’aprile dello stesso anno concluse l’operazione d’acquisto dei terreni e dei resti abbandonati della rocca dal Comune di Montichiari.

Poté così dare inizio a quell’idea che si portava dentro dal 1884 quando, visitando l’Esposizione Nazionale di Torino, rimase incantato dalla ricostruzione, nel Parco del Valentino, di un borgo medioevale con la sua rocca, rappresentanti il meglio dell’architettura piemontese e valdostana. In quegli anni, l’architetto più famoso nell’area bresciana era Antonio Tagliaferri, al quale chiese una riproduzione fedele di un castello medioevale con torri e mura merlate, da adibire a dimora gentilizia fornita dei conforti e dei servizi moderni.

Nel 1892 iniziarono i lavori ed i primi contrasti con il conte Bonoris, che portarono alla definitiva interruzione dei rapporti con l’illustre architetto. Entrò allora in scena l’architetto Carlo Melchiotti che, vincolato da quanto già predisposto daTagliaferri e dal modello del castello torinese che il conte Bonoris gli
pose come unico riferimento, di cui si era procurato personalmente copie delle piante e degli alzati, diresse i lavori di costruzione dal 1895 sino alla conclusione nel 1900.

All’immagine originaria della fortezza, costruita a difesa del borgo, subentra il prospetto pittoresco di un castello, evocatore di suggestioni romantiche, integralmente ispirato a quello del Borgo del Valentino a Torino.

L’ingresso del castello si presenta con il ponte levatoio principale, fiancheggiato da quello più
piccolo per pedoni, con torrette dalla merlatura a coda di rondine e la facciata affrescata con lo stemma di Montichiari e San Pancrazio, patrono della città.

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Superato il portone a due battenti, si accede al primo cortile in cui è visibile il tentativo di riprodurre fedelmente l’apparato belligero tipico di un fortilizio difensivo.

Dall’atrio si passa nel cortiletto interno, che imita quello del castello di Fénis, un luogo intimo, incorniciato da due archi a sesto acuto del portico, che produce nel visitatore una sorta di soggezione e la sensazione di essere degli intrusi in un luogo sacro. Un San Giorgio a cavallo occupa il basso della parete di fronte all’entrata, dove la scala in pietra grigia si biforca in due branche, che conducono ad una doppia loggetta-ballatoio lignea con pareti affrescate, raffiguranti Filosofi ed i Saggi antichi.

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Il cortile interno con al fondo la scala su cui troneggia il dipinto di San Giorgio a cavallo.

Il ciclo pittorico è opera di Giuseppe Rollini, artista torinese che ha partecipato, accanto a Federico Pastoris, alla decorazione del Castello del Valentino di Torino, qui fedelmente riproposta.

Una delle porte che s’affacciano sul cortile immette nella piccola e raccolta cappella, dalle pareti adorne di affreschi, dalla gamma cromatica paradisiaca, ricchi dei bagliori dell’oro e dell’argento e delle linee fluenti dei panneggi di stoffe preziose tra cui spicca sulla parete di fondo, la riproduzione della “Salita al Calvario” dipinta da Giacomo Jaquerio nella sagrestia di Raverso, presso Saluzzo.

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Riproduzione della “Salita al Calvario”

Sempre al piano terra la sala detta “delle fiamme”, comunicante con la sala da pranzo, in cui è riprodotto il soffitto del Castello di Strambino, mentre il fregio sottostante sviluppa il tema dei giullari dell’Osteria di Bussoleno.

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Sala da pranzo

Di seguito, la Sala delle Armi, il cui unico ornamento è dato dall’alternarsi di spade e alabarde, elmi e corazze.

Gli ambienti interni ricordano le dimore gentilizie per i soffitti a cassettoni con decorazioni policrome, per i tondi affrescati negli sguinci delle finestre, per i fregi e gli stemmi nobiliari e l’arredo di mobili, intagliati dai Fratelli Alboretti in Torino, tra il 1895 ed il 1900, nel tipico stile neogotico valdostano.

Al primo piano il bellissimo salone d’onore, che riprende nelle dimensioni e nei dipinti la sala baronale degli Spagnoli del Castello de la Manta, nei pressi di Saluzzo.
Come arrivare:

In Auto: Autostrada Milano-Venezia (A4), uscita Brescia Est, Tangenziale direzione Montichiari.

In treno: linea Milano-Brescia, dalla stazione di Brescia autobus APAM, posteggio 21-30 per Montichiari.

Per maggiori informazioni visitate il sito Montichiari Musei.

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Pubblicato da Signorina Bloggy

Blogger Le mie passioni principali sono viaggiare, leggere libri e guardare film, la cosmesi, le fiere e tanto altro ancora.

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